Il d.l. 34/2020 (c.d. Decreto Rilancio) ha introdotto la disciplina del “contributo a fondo perduto”, previsto “al fine di sostenere i soggetti colpiti dall’emergenza epidemiologica Covid-19” e riconosciuto, nel rispetto di determinate condizioni di fatturato, “a favore dei soggetti esercenti attività d’impresa e di lavoro autonomo e di reddito agrario, titolari di partita IVA” (art. 25).

La regolarità della procedura di erogazione è presidiata attraverso due nuove fattispecie di reato:

  • il falso consistente nel rilascio all’Agenzia delle Entrate dell’autocertificazione di regolarità antimafia, qualora dai riscontri effettuati emerga la sussistenza di cause ostative (comma 9, delitto punito con la reclusione da due a sei anni);
  • il delitto dell’art. 316-terp. (indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, sempre che la somma percepita sia superiore a 3.999,96 euro), costituente presupposto della responsabilità dell’ente ai sensi dell’articolo 24 d.lgs. 231/2001, “nei casi di percezione del contributo in tutto o in parte non spettante”.